Catalogo della mostra - maggio 2014 - sede ex caserma Cella - Schio
Presentazione di Lucio Scortegagna
In una recente visita al mio studio i componenti di “Cafecinque” vi- dero, tra le non poche opere accumulate nel corso degli anni, un gruppo di lavori eseguiti nella seconda metà degli anni sessanta dello scorso secolo. Come si sa, uno dei componenti di “Cafecinque” è presidente dell'associazione “IV Novembre”. Ebbene, ai suoi occhi una mostra di quei lavori parve un modo originale per dar inizio alle celebrazioni del centenario della Grande Guerra. “Cafecinque” da parte sua si disse disponibile a collaborare. Quanto a me, ho accettato di buon grado la proposta, in quanto mi sembra il modo più coerente per valorizzare questo gruppo di opere, eseguite tra il 1967-68, a corona- mento di numerose ascese sul Pasubio sotto la spinta dei racconti di alcuni reduci e di opportune letture. Ricordo quanto profondamente fui coinvolto nell'evento bellico dalla visita di quei luoghi di morte. Mi sentii, per così dire, inghiottito nelle drammatiche gesta di disperati, nella tragedia di masse d'uomini spinte a cozzare contro baluardi mai superati. Sentivo anch'io che l'emozione s'infrangeva contro la ragio- ne. Ne sono derivate le quattordici stazioni di una via crucis esegui- ta con materiali compositi che riassumono, grazie a elementi aspri e acuminati propri della guerra, situazioni e riflessioni, la cui origine sta nell'ambiente naturale, nel terreno stesso dello scontro bellico, scon- tro rivissuto empaticamente. Non fu forse una via crucis quella che Italiani e Austro-Ungarici percorsero cento anni fa anche sul Pasubio, con ardore e con ferocia portati all”estremo limite vitale, vittime gli uni e gli altri della stoltezza umana?
Introduzione di Giorgio Dall'Igna
C'è sempre bisogno di un'autentica riflessione sulla Grande Guerra. Più che mai oggi nell'aWicinarsi del centenario di quella che fu la più grande tragedia piombata sul genere umano. E cosa meglio di questa “Via Crucis”, di queste 14 stazioni di autentica preghiera messa in forma di visione emozionante e dolente, può aiutarci nella Memoria. Le opere di Scortegagna hanno il colore scuro del dolore; il colore del fango e della morte. Se c'è un colore che domina nei ricordi della Prima Guerra Mondiale, e il colore del fango. Uomini costretti a farsi fango, a rompere la terra; soldati che non alza- no mai la testa, tenendo lo sguardo ben dentro all'impasto senza for- ma che sembra li abbia generati. Questa e la “guera granda”. Proiettili che esplodono a mezz'aria, che tranciano, sfondano, separano carne da carne; non c'è riparo in guerra per la propria paura; anche lì come altrove la morte sceglie a casaccio i suoi corpi rivoltati, anonima nella sua serena devastazione. Restano rami rotti, sassi neri, ossa bianche. Questa violazione senza ritegno ispira la “Via Crucis sul Pasubio”. Le 14 opere così esposte, una di seguito all'altra, sono materia sonora che riporta gli echi delle bombe. Sono da guardare, questi lavori, con gli occhi di chi cerca la restituzione di un senso a qualcosa di insen- sato; con le orecchie tese ad ascoltare l'eco dell'artiglieria che dilata i cieli sporchi di fumo e roccia; con il pensiero rivolto a quei ragazzi che cent'anni fa sul Pasubio hanno trovato il loro Golgota. lmmaginiamoli tornati alle loro case e ai loro amori; per far si che i loro volti, una volta tutti uguali e riuniti in uno solo dalla fatica e dalla paura, schiudano pian piano i loro lineamenti e il soldato riconquisti il suo essere marito, figlio, padre, fratello.