- Forte Rivon n. 1/2000 (ESAURITO)
- Forte Rivon n. 2/2001 (ESAURITO)
- Forte Rivon n. 3/2002
- Forte Rivon n. 4/2003
- Forte Rivon n. 5/2004 (ESAURITO)
PRESENTAZIONE
Anno di novità questo 2005 e sarà un anno particolarmente significativo per la nostra associazione. Ricorre infatti il 90 anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia e la nostra associazione intende ricordarlo con una cerimonia eloquente al Forte Rivon sul Novegno il 24 Luglio prossimo. Celebreremo assieme agli amici Kaiserjagher austriaci uniti, come da tempo ormai, sotto la bandiera della convivenza amichevole e pacifica. Certamente dovrà essere un momento di raccoglimento e di riflessione ma anche un momento di festa per l’annuale ricorrenza del recupero del nostro Forte. Ricreeremo situazioni e scenari del tempo con l’aiuto di figuranti in costume d’epoca; e saremo pronti, come ogni anno, a ricevere visitatori e appassionati per condurli e fare testimonianza lungo i percorsi della memoria.
Ma un altro appuntamento ci attende ed è l’inaugurazione della nostra nuova sede presso la Caserma Cella, concessa dall’Amministrazione cittadina. E’ una sede prestigiosa, funzionale che ci permetterà, tenedola aperta, un contatto più proficuo con tutti i soci. Ci consentirà di archiviare e mantenere i nostri reperti e libri, di fare incontri e preparare iniziative in linea finalmente con la nostra vocazione di ricercatori storici.
Le elezioni del Gennaio scorso hanno poi eletto nuovi consiglieri e riconfermato qualche veterano. Il Consiglio Direttivo è composta da Zaltron Marco (Vicepresidente), Lucchin Andrea, Gianesini Marco, Lucido Antonio, Tollardo Luciano, Menegatti Maurizio, Valente Luca, De Fortunati Giorgio, Torricelli Moreno, Capponi Riccardo. Ottorino Brunello, che, dopo averla fondata, ha tenuto per tanti anni la Presidenza del nostro sodalizio è stato eletto Presidente Onorario a sottolineare il merito dovutogli. A nome di tutta l’Associazione voglio a lui esprimere il ringraziamento e la considerazione di tutti i soci, e a tutti voi il saluto più cordiale del nuovo Consiglio.
- Forte Rivon n. 6/2005 (ESAURITO)
- Forte Rivon n. 7/2006 (ESAURITO)
- Forte Rivon n. 8/2007
PRESENTAZIONE
Eccoci ancora qui per l’ottavo anno a presentare la nostra rivista. Otto anni non sono molti ma non sono neanche pochi e dobbiamo dire, con orgoglio, che questo nostro numero unico, superate le difficoltà iniziali, è diventato un appuntamento atteso e gradito tanto da guadagnarsi un posto di tutto rispetto nel panorama storico editoriale sulla Grande Guerra. E’ ricercato e letto anche fuori i confini amici e questo ci conforta sulla qualità degli scritti e ci sprona a qualificarlo sempre più. A tutto merito di chi otto anni fa ebbe l’idea di questa iniziativa e di chi tenacemente quell’idea l’ha fatta crescere e maturare.
Un grazie sincero e per questo non di circostanza, a nome mio e di tutta l’associazione, agli autori degli articoli. Autori già letti e autori nuovi, ma tutti amici che volentieri hanno accettato, con competenza e aggiungerei anche con passione di essere della partita.
Leggerete Livio Pierallini che tratterà delle battaglie combattute sul monte Piana, conteso ferocemente da italiani e austriaci. Il Monte Piana rivestiva importanza strategica perché da lassù si poteva controllare la Valle di Landro, via di passaggio per rifornimenti e truppe, dalla Pusteria alle linee dei combattimenti.
Annalisa Castagna ci dirà dell'organizzazione della campagna invernale del 1916-1917; tra propaganda e cruda realtà, tra trincee e baraccamenti, tra il vestiario insufficiente e la lotta contro il freddo. Quell’anno ci fu uno degli inverni più nevosi e tristi della storia.
Leonardo Malatesta scrive sul forte Cornolò e sulla difesa della Val Posina. Il forte Cornolò fu abbandonato durante la Strafexpedition e fatto saltare dagli austriaci. Su ciò, all’epoca, vi fu anche un 'inchiesta.
Serenella Gramola porta una testimonianza sul tenente Luigi Zampilli di Piovene Rocchette, medaglia d’argento al valor militare. Nata da documenti, lettere e fotografie, raccolti e ordinati nel 1938 e custoditi con cura e sentimento profondo dalla famiglia, la testimonianza diventa un ‘altra chiave di lettura della storia, un recupero d’affetto e di memoria verso il giovanissimo soldato passato come una meteora nella tragedia della guerra.
Bepi Magrin racconta il generale Vittorio Emanuele Rossi, comandante del Battaglione Alpini Monte Berico, che alla morte avvenuta nel 1962 volle essere sepolto sul monte Pasubio. Proprio sulla Sella del Comando è stata edificata una chiesetta dedicata a Santa Maria voluta dai reduci, dove si celebra messa nel periodo estivo. Appena fuori dalla chiesa si trova la tomba dell’ufficiale che volle tornare tra i suoi soldati.
Due articoli poi riguardano la guerra in cielo un argomento decisamente poco trattato nelle riviste specializzate. Uno è di Ignazio Marchioro, sui bombardamenti dei dirigibili tedeschi Zeppelin su Londra, fino al canto del cigno di questi aeromobili avvenuto alla comparsa dell'arma aerea. I dirigibili erano quasi altrettanto veloci degli aerei del tempo, meglio armati e con una capacita di carico in bombe superiore, oltre a un raggio d'azione e una durata enormemente maggiori. Ma tutti questi vantaggi non si tradussero bene nella realtà e l'introduzione di caccia efficaci segnò la fine dei dirigibili.
L’altro è di Roberto Mantiero sui carabinieri pionieri piloti, capitolo questo misconosciuto dell'aviazione nella Grande Guerra. La storia dei Carabinieri dell'Aria risale all'inizio del conflitto, allorché all'appello rivolto dall'Aeronautica Militare alle Armi dell'Esercito risposero ben 173 carabinieri tra ufficiali, sottufficiali e militari di truppa, i quali, accorrendo alle scuole di pilotaggio, entrarono a far parte del "Corpo Aeronautico Militare" restando però nei ruoli dell'Arma.
Non mi resta che augurare a tutti una buona lettura, nella convinzione che essa ci obbligherà a interpellare la memoria, a capire di più della nostra storia passata, a ritrovare con essa l’identità degli uomini che ci hanno preceduto. Leggere quindi non solo per ricordare il passato come semplice esercizio accademico, ma per far rivivere la memoria che è cosa diversa. Il ricordo è una rivisitazione del passato come potrebbe avvenire attraverso la visione di un film che si ripone nello scaffale dopo la proiezione; la memoria ci porta invece oltre e molto di più: non essendo semplice emozione occasionale come il ricordo, attraverso di essa ri-vive la storia, al punto da farlo diventare nostra; da farla diventare una parte necessaria del nostro presente.
- Forte Rivon n. 9/2008
- Forte Rivon n. 10/2009
PRESENTAZIONE
Sono certo che ognuno di noi ha almeno un “luogo del cuore”.
Il luogo del cuore è quel posto che si ama ostinatamente. E' quel posto dove ti pervade un'inspiegabile sensazione di pace, dove tutto il tuo essere è totalmente sgombro da problemi e preoccupazioni. Un posto, dove non importa quali angustie ti tormentano, un posto che senti essere fatto su misura per te. E sei a casa anche se non è la tua casa, e ti senti al sicuro anche se non sei al riparo da sguardi, e ti senti in pace, anche se dentro e fuori è guerra. E così cerchi di tornare non appena puoi, inspiri profondamente il ricordo, ne mediti il silenzio, desideri di essere lì. Per noi dell’associazione è ovvio identificare questo posto con il monte Novegno. Molti di noi vanno lassù per sentieri, postazioni e trincee; e ci vanno con i piedi, per girellare nel piano e camminare nelle dure salite, con i sensi, per gustare l’ambiente e i suoi odori così come i suoi colori; con il cuore per l’affetto verso il monte di casa e quel lembo di terra “nostro” e con l’intelletto per ricordare e dare alla memoria un futuro e alla storia nuova vita.
E ci sono storie che vanno dimenticate, perché fanno troppo male; altre che vanno ricordate sempre perché non accadano più; altre ancora che potrebbero finire perché nessuno più si interessa loro. Queste ultime storie meritano la nostra attenzione e il nostro affetto. Storie personali, piccoli tasselli di umanità nella normalità assurda della guerra. Storie di soldati impegnati al fronte e in lotte sul campo, non meno che nei cuori e nelle coscienze.
Un grazie allora agli amici, vecchi e nuovi, che anno voluto, per questo decimo numero della nostra rivista, trasformare i loro pensieri in parole scritte e permettere a noi che le leggiamo di interessarci a quelle storie di individui.
Leggeremo Ignazio Marchioro che ci parla della campagna inglese in Italia nella fase conclusiva della Grande Guerra ed in particolare dei reparti britannici che si opposero all’offensiva austro-ungarica del 15-16 giugno del 18 sull’Altopiano di Asiago.
Silvana Battistello che racconta le vicissitudini dei profughi dell’Alto Vicentino, soffermandosi sulla sorte delle popolazioni evacuate dalle valli dell’Astico e del Posina e dall’Altopiano di Asiago verso i paesi della pianura.
Claudio Gattera che spiega il complesso iter progettuale e costruttivo delle varie opere di difesa che interessarono l’Alta Valle dell’Agno nel corso della 1ª Guerra mondiale.
Livio Pierallini che narra la toccante e drammatica storia di due fratelli fiorentini, caduti l’uno il 25 maggio 1917 sul Carso e l’altro esattamente ad un anno di distanza sul Basso Piave.
Luca Girotto che descrive, ricorrendo anche a verve ed ironia, alcune avventure d’irredenti trentini, rifugiatisi dalla Valsugana nel Regno d’Italia e successivamente arruolatisi nelle fila del Regio Esercito.
Bepi Magrin che rappresenta la figura del generale Alberto Pollio, quarto Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, in carica fino allo scoppio della Grande Guerra.
Silvia Bertolotti e Carlo Fantelli che, anche per merito della disponibilità e della concessione di foto inedite da parte della famiglia Calamandrei, a cui va il nostro particolare ringraziamento, raccontano un poco conosciuto capitolo della vita di Piero Calamandrei, grande figura di giurista, intellettuale e politico del Novecento italiano, quando era un giovane ufficiale sul fronte montano vicentino ed in particolare sul Novegno.
Annalisa Castagna che rende omaggio ai tanti soldati, di leva e richiamati, che lasciarono Valdagno per andare a combattere in trincea nonché a tutti quei militari che furono di passaggio in città ed in vallata in quei duri anni di guerra.
Leonardo Malatesta che prosegue la sua analisi sulle opere fortificate costruite sulle montagne del Vicentino: in questo numero la storia e l’impiego del Forte di Cima Campolongo. E Luca Valente che è autore di un capitolo che ha per tema l’archeologia della Grande Guerra: nello specifico si parla dell’eccezionale recupero al Soglio Melegnon, sull’Altopiano di Tonezza, di sette salme di soldati italiani caduti durante la Strafexpedition.
A tutti una buona lettura e un arrivederci nel nostro “luogo del cuore”.
- Forte Rivon n. 11/2010
PRESENTAZIONE
Questo undicesimo numero della rivista viene dato alle stampe, contrariamente ai precedenti, nel mese di novembre. Novembre infatti è il mese “nostro” e suggella la conclusione dell’attività di un altro anno associativo. Il Consiglio Direttivo ha deciso così anche per dare maggior risalto a questo nostro lavoro che ad ogni uscita è atteso ed è sempre apprezzato per la qualità degli scritti. La rivista, che è una delle pochissime del settore esistenti in Italia, vuole essere anche il biglietto da visita di un’associazione che ha fatto della ricerca storica sul primo conflitto mondiale il proprio appassionante mestiere. Un grazie allora agli amici che, scrivendo i loro testi, hanno ancora una volta creduto nel valore scientifico e storico della pubblicazione. Leggeremo Luca Girotto narrare dei furiosi combattimenti per la conquista di Monte Ciste nel 1915/1916, che videro fronteggiarsi da una parte alpini e fanti italiani, dall’altra Standschützen e Landsturmern austriaci. Racconta inoltre, in un secondo contributo, la demolizione della Tagliata Scala e della Batteria Fontanelle di Primolano ad opera del genio italiano durante la ritirata del novembre 1917.
Bepi Magrin rispolvera la storia poco nota delle origini del ciclismo militare, dall’esordio tardo-ottocentesco fino allo scoppio della Grande Guerra.
Ignazio Marchioro rievoca il contributo di sangue dato dal II Corpo d’Armata italiano nella seconda battaglia della Marna, in particolare sulle alture di Bligny nel luglio 1918.
Livio Pierallini narra della liberazione di Col Moschin, da parte degli Arditi, durante la Battaglia del Solstizio nel giugno 1918.
Annalisa Castagna ripercorre la vita di santa Bertilla Boscardin, la suora vicentina che tanto si prodigò per malati e feriti durante la Grande Guerra negli ospedali di Treviso e Viggiù.
Leonardo Malatesta prosegue la sua indagine sulle opere fortificate di montagna: in questo numero troveremo la storia e l’impiego del Forte di Cima di Campo in Valsugana.
Luca Valente infine descrive la grande rievocazione storica andata in scena nel giugno di quest’anno sul monte Novegno, con la partecipazione di oltre un centinaio di figuranti in divisa italiani ed esteri; rievocazione che ha visto sul Novegno una notevole partecipazione di visitatori.
Da parte mia e del Consiglio Direttivo un augurio a tutti per una buona lettura; nella convinzione che essa ci obbligherà a interpellare la memoria, a capire di più della nostra storia passata, a ritrovare con essa l’identità degli uomini che ci hanno preceduto. Leggere la nostra rivista quindi non solo per ricordare il passato come semplice esercizio accademico, ma per far rivivere la memoria che è cosa diversa. Il ricordo è una rivisitazione del passato; la memoria ci porta invece oltre e molto di più: non essendo semplice emozione occasionale come il ricordo, attraverso di essa ri-vive la storia, al punto da farlo diventare nostra; da farla diventare una parte necessaria del nostro presente.
- Forte Rivon n. 12/2011
PRESENTAZIONE
Quale senso ha oggi parlare di Memoria, di Grande Guerra e di Storia? Perchè allestire mostre sul tema o organizzare rievocazioni storiche e pubblicare riviste come questa? Si rispolvera un passato per formale commemorazione, o c'è una “memoria storica” nella nostra coscienza che ci spinge a farlo?
La generazione alla quale appartengo ha sentito dalla voce dei nonni, protagonisti della grande guerra, storie di lotte furibonde di giovani italiani, molti ragazzi del '99, portati spesso allo sbaraglio e costretti in trincea e alla lotta corpo a corpo alla baionetta. Eravamo piccoli, ma quegli episodi raccontati orgogliosamente da un nonno con voce grave e occhi quasi lucidi, sono rimasti nella memoria. Hanno depositato un tassello irremovibile nel mosaico della nostra coscienza. Probabilmente per i giovani d’oggi, che malauguratamente non possono più contare su quei nonni, la Grande Guerra è una pagina sui libri di storia, da leggere di corsa, sperando di non essere interrogati. E così la storia “scappa” e non si fa Memoria.
Noi vogliamo, attraverso il nostro appassionato lavoro, che la storia diventi patrimonio da condividere. E lo possiamo fare perché ognuno di noi ha un tesoro di ricordi e di storia familiare da riscoprire e da trasmettere. Una ricchezza di documenti e di sapere che, come materiale da costruzione per la vita nostra e dei nostri figli, non deve rimanere chiusa in un baule della soffitta.
Ecco allora in questo numero Gianna Marchi Orlandi, figlia di Vittorio Marchi scledense, che vedendo su TV 2000 la nostra rievocazione del giugno 2010 sul Novegno, ci ha offerto le lettere del padre dal fronte; lettere e documenti che, assieme alle sorelle, ha riordinato e amorevolmente custodito fino ad oggi per poi metterle a disposizione. E Antonio Cassuti, socio onorario della nostra associazione che presenta un nuovo, poetico e, per certi aspetti provocante, punto di vista del monte Novegno.
Claudio Gattera, grande conoscitore del Pasubio e delle vicende là accadute nella Grande Guerra, ci accompagna nel territorio della Valle dell’Agno; territorio in cui gli aspetti della guerra non sono ancora sufficientemente conosciuti.
Livio Pierallini e Filippo Cappellano ci spiegano la genesi e l’utilizzo della mitragliatrice Colt nella Regia Marina. E poi Mauro Zattera ci guida lungo la strada del Ponale, che da Riva del Garda sale in Val di Ledro, dove si trova un eccezionale sistema fortificatorio in galleria, costituito da un dedalo di corridoi e trincee scavate direttamente sopra il lago, in posizione panoramica unica.
Leonardo Malatesta continua il resoconto sulle fortificazioni iniziato nei numeri precedenti della rivista, spiegandoci il forte Malborghetto, fortificazione asburgica di fine ‘8oo le cui vestigia si intravvedono ancora lungo la strada per andare in Austria dal Friuli, utilizzando il valico del Tarvisio.
Giacomo Tessarolo presenta il poderoso lavoro di ricerca sui caduti nati a Tretto, ora frazione di Schio e ai tempi della Grande Guerra comune autonomo. Un lavoro importante, di cui siamo orgogliosi, voluto per completare un’ inspiegabile mancanza; un lavoro mai fatto prima e che colma un importante vuoto nella storiografia locale sulla Grande Guerra. Un elenco esaustivo e ragionato, che non vuole essere assolutamente un documento definitivo; anzi è aperto a tutte le possibili integrazioni e che fa parte di un lavoro di approfondimento in funzione delle prossime celebrazioni del centenario. Tessarolo rende nota anche la vicenda di Dall’Alba Faustino, un artigliere nato sempre a Tretto nel 1867 e morto, con altri 400 compagni, in combattimento a Dógali in Eritrea nel 1887.
Dario Viganò, insieme a Giacomo Tessarolo presenta un’esaustiva descrizione della nascita e dell’utilizzo degli arditi nella Grande Guerra.
Compagni di viaggio a cui diciamo un sincero grazie per aver diviso con noi i loro pensieri e ricordi. Per averci dato una mano a far “restare” la Storia affinchè diventi memoria.
- Forte Rivon n. 13/2012
PRESENTAZIONE
«La maledizione degli uomini è che essi dimenticano». Lo diceva Mago Merlino nel film “Excalibur; per non rassegnarci a questa maledizione bisogna agire ininterrottamente affinché la smisurata tragedia della Grande Guerra, che noi, ricercatori storici cerchiamo di far conoscere in tutti i suoi aspetti, diventi lezione di vita e di pace. Tocca a noi stimolare il dibattito, le domande, i "perché" indispensabili alla comprensione di quei tragici eventi e vogliamo continuare a farlo attraverso questa rivista. Affidiamoci riconoscenti allora ai nostri collaboratori per questa tredicesima edizione; a Giacomo Tessarolo che scrive sul termine “Strafexpedition” e documenta come questa espressione fosse già in uso nel ’14, all’inizio del conflitto. A Davide Pegoraro che descrive la spedizione anglo-francese nella penisola di Gallipoli in Turchia; spedizione studiata per l’eliminazione di un alleato degli Imperi Centrali, la Turchia appunto. Dei campi di prigionia in Austria-Ungheria durante la Grande Guerra racconta invece Ignazio Marchioro; al ritorno in patria da quei campi, i soldati italiani furono guardati con sospetto, quasi fossero traditori a differenza del rispetto e della considerazione tributati ai connazionali delle altre nazioni in conflitto. E a completare idealmente questo articolo ci pensa Paolo Pozzato che spiega la fuga da un campo di prigionia del sottotenente Franco Scognamiglio, catturato dopo essere sopravissuto alla mina sul Cimone. L’amico sloveno Mitja Juren scrive sul ritrovamento della cappellina intitolata a Santa Barbara. Da una foto d’epoca e seguendo le tracce sul territorio è riuscito a ritrovare, a Brestovec, questo monumento di religiosità e pietà eretto dai combattenti. Leonardo Malatesta continua il suo viaggio tra i forti toccando in questa tappa quelli italiani nella provincia di Verona dall’Unità alla Grande Guerra. Livio Pierallini esamina la nuova tecnologia militare sperimentata nella guerra di Libia e poi massicciamente impiegata nella Prima Guerra Mondiale. Storie varie e diverse, ma prima di tutto storie di uomini. Storie che se rimangono nella testa e nei cuori di ognuno di noi, moriranno con noi. Per non far trionfare quella maledizione è dovere di chi “sa” far sì che la storia sia a disposizione, e divulgata, correttamente e onestamente, nello spirito di servizio alla memoria. La Memoria che può parlare a nome di tutti i caduti del mondo e della storia. La Memoria che guarda avanti; che porta con sé il passato per salvarlo, come si raccolgono i caduti e i feriti rimasti indietro. La Memoria che conduce in quella patria, in quella casa natale che ognuno troverà alla fine del viaggio. La storia è nostra e la scriviamo noi e prima di noi l’hanno scritta quei soldati; giovani che nonostante la varietà di destini, ruoli, nazionalità sono tutti uniti dal fatto che la guerra li ha privati di qualcosa: della giovinezza, delle illusioni, della speranza, dell’umanità. Della Vita. E anche questo numero del “Forte Rivon” può aiutare noi e chi viene dopo di noi a non dimenticare; perché parafrasando De Gregori, “la Storia siamo noi, padri e figli”.
- Forte Rivon n. 14/2013
- Forte Rivon n. 15/2014
PRESENTAZIONE
Per noi italiani il centenario dell’entrata in guerra ricorrerà il prossimo anno. In tanti si sono già attivati per fornire il loro contributo al ricordo. Come è prevedibile che sia. Pubblicando libri, organizzando convegni, allestendo mostre, proponendo conferenze, filmati e testimonianze ritrovate.
Tutti vorranno partecipare alla “kermesse” commemorativa ma l’importante è che né la retorica, né la mistificazione né l’ignoranza di una visione italo centrica guastino la visione del centenario.
L’anniversario della Prima Guerra Mondiale potrebbe invece essere momento di riflessione collettiva. Sugli errori tragici dei nazionalismi, che stanno ritornando dentro confini ancora più minuscoli. Sull’inutilità della guerra, che non solo non ha risolto i problemi dell’Europa, ma ha contribuito a peggiorare la situazione. Sull’inettitudine di tanti comandanti militari che mandavano a morte migliaia di giovani senza troppi scrupoli. Sul silenzio per quei soldati fatti fucilare con l’obiettivo di mantenere una disciplina traballante e con l’accusa di essersi fermati davanti al nemico.
La nostra rivista continua, anno dopo anno, nell’invito alla riflessione concreta ed effettiva; attraverso la proposta di alcuni testi interessanti e storie inedite. Nelle pagine a seguire incontrerete Dario Colombo che, come nel “salvate il sodato Ryan” ante litteram, racconta la storia di tre fratelli Kaiserjagher, Giuliano, Germano e Giuseppe Sartori, originari della Val di Ledro, estremo lembo meridionale del Trentino austriaco. Mauro Zattera che riferisce di Cesare Maria De Vecchi conte di Valcismon, il futuro Quadrumviro, uno dei personaggi più interessanti che frequentò il Sottosettore IV bis nell’Alto Garda Bresciano durante la Grande Guerra. Luigino Caliaro che racconta del raid dimostrativo compiuto dall’ 87ma Squadriglia su Innsbruck: l’azione bellica che ha utilizzato l’Ansaldo SVA, il miglior velivolo italiano prodotto nel corso della guerra. Ignazio Marchioro, che fa conoscere il piccolo volume, Das Ringen um den Sieg (La lotta per la vittoria), di Robert Mimra, volontario moravo, poi ufficiale di carriera nell’artiglieria austriaca. E ancora Roberto Petitti di Roreto, nipote del Generale Carlo comandante sul Novegno e cittadino onorario di Schio, che offre un ricordo del nonno, comandante e soldato sì, ma anche uomo curioso e colto. Tra l’altro ringraziamo da queste pagine la famiglia Petitti di Roreto e la famiglia Fabbri per averci proposto l’accesso all’archivio di famiglia. Due archivi interessanti per la conoscenza storica del nostro territorio.
Il nostro amico Livio Pierallini che continua l’illustrazione delle baionette iniziata tempo fa sulla rivista; stavolta ci spiega la baionetta austroungarica “ersatz”. La parola “ersatz” significa “di riserva”, ma in realtà tali armi equipaggiarono i soldati della Duplice Monarchia fin dall’inizio del conflitto. Una vera chicca poi ci riserva Roberto Belvedere con il suo articolo che tratta dei Caduti thienesi nella Grande Guerra. E lo fa attraverso le 109 pergamene di un artista. In Italia tutti i paesi hanno un luogo dedicato ai concittadini caduti nella Prima Guerra Mondiale. Thiene ha avuto la fortuna di potersi avvalere dell’arte e della maestria di un proprio illustre cittadino: il Cav. Giovanni Rossi, persona di grande cultura, raffinato storico ed eccellente artista. Carlo Menegante poi presenta una rivista, “Vicenza, Pubblicazione Mensile Illustrata”, nata negli anni trenta, che riporta notizie sulla grande escursione ai Campi di Battaglia dell'Alto Vicentino del Touring Club Italiano. La pubblicazione uscì per la prima volta nel settembre del 1930, con l'intento principale di valorizzare “tutto il nostro patrimonio storico-religioso ed artistico, la vita e l'avvenire della nostra Città e della nostra Provincia in tutte le loro manifestazioni”. Giacomo Tessarolo è presente con due articoli: uno a completamento, e aggiornamento, di un suo lavoro precedente “I caduti “dimenticati” del Tretto nella Grande Guerra, pubblicato nel 2011; il secondo, che da conto delle novità editoriali recenti e che preannuncia, parlando dell’inizio della guerra dell’Italia, una futura pubblicazione a corredo degli eventi che la nostra associazione sta preparando per il maggio del 2015.
All’inizio di questa presentazione dicevo delle commemorazioni circa il centenario.
Per ricordare oggi la Grande Guerra è necessario fare un passo avanti attualizzando il ricordo e la Memoria per dare senso al nostro presente. Va ai giovani spiegato, se e quando andranno in visita ai luoghi storici, che il sacrificio dei nonni sarebbe stato assolutamente vano se, persone come Adenauer, Schuman, De Gasperi, Spaak, Churchill, Spinelli e altri non avessero avuto, dopo il 1945, una sapienza raramente conosciuta nella storia delle relazioni internazionali. Chi ha la responsabilità di parlare ai giovani deve soffermarsi, oltre che sulla tragedia, anche su quanto sia stata insensata e distruttiva la politica nel 1914 e quanto sia stata invece capace di cambiare il mondo dal 1945. Ai giovani va fatto capire e insegnato quanto difficile sia riconciliarsi dopo una lotta cieca e senza quartiere. Va insegnato (sì, è una cosa da insegnare !!) che c’è politica e Politica. Lasciando perdere frasi come “celebrazioni del centenario” o “celebrazioni della vittoria” che si leggono spesso nei programmi di alcune Istituzioni e che sono assolutamente fuori tempo.
L’orrore non andrebbe mai celebrato, ma riconosciuto, ricordato e condannato.